Segreti e curiosità dell’Abbazia di Farfa

Se state cercando un luogo in cui riposarvi e meditare, riflettere e fermarvi per un attimo, staccare dal caos della vita lavorativa della città, l’Abbazia di Farfa è il luogo che fa per voi.
Immersa nella natura della Sabina, si tratta di uno dei monumenti più insigni del Medioevo europeo, talmente importante da ricevere il patrocinio di Carlo Magno e da controllare durante il periodo di massimo splendore una grandissima parte dell’Italia Centrale. Non si sa molto sull’origine dell’Abbazia, a fare chiarezza sono stati i recenti scavi archeologici guidati dal prof. David Whitehouse, direttore della British school di Roma, che hanno dimostrato l’esistenza, sotto una porzione della costruzione, di un complesso risalente al periodo romano.
Si può affermare con certezza che il luogo era già centro fervente di ricchezza e di fede nel 554 mentre al tempo dell’invasione longobarda esisteva una basilica ed alcuni edifici monastici. Le origini dell’Abbazia di Farfa sono legate ad una leggenda, che risale all’ultimo ventennio dei VII secolo, e ha protagonista Tommaso di Moriana (o Morienna). Si tratta di un monaco che viveva a Gerusalemme, e dopo aver avuto una visione della Madonna, fu esortato a cercare in Sabina, in un detto Acuziano, i resti di una basilica a lei dedicata. Una volta trovata, diede inizio alla ristrutturazione dell’opera costruita dal vescovo Siro e diede luogo ad una rifondazione della comunità. Nei primi anni dell’VIII secolo il monastero godette della protezione del Duca di Spoleto Faroaldo II.
Farfa era così un’Abbazia Imperiale, svincolata dal controllo pontificio ma vicinissima alla S. Sede. In pochi decenni diveniva uno dei centri più conosciuti e prestigiosi dell’Europa medievale; Carlo Magno stesso, poche settimane prima di essere incoronato in Campidoglio, visitò l’Abbazia e vi sostò. Per comprendere l’importanza economica di Farfa basti pensare che nel terzo decennio del IX secolo, sotto l’Abbate Ingoaldo, essa possedeva una nave commerciale esentata dai dazi dei porti dell’impero carolingio. Sempre a questo periodo risale l’ampliamento massimo del monastero. La chiesa principale, dedicata alla Vergine, si arricchì di una seconda abside dedicata al Salvatore, con un ciborio tutto d’onice, affiancata da due torri. Nel tesoro abbaziale figuravano, in questi anni, tra l’altro, un cofanetto d’oro purissimo adorno di gemme (dono di Carlo Magno), una croce d’oro con pietre preziose lunga oltre un metro, due croci d’oro con reliquie della Croce, quattordici calici d’argento, due corone d’oro e d’argento e quattro sigilli d’oro. La decadenza dell’Impero carolingio e la penetrazione dei Saraceni furono fatali all’Abbazia.
Sette anni resistette l’Abbate Pietro I con le sue milizie e, alla fine, divisi monaci e tesoro in tre parti, abbandonò Farfa. L’Abbazia di Farfa fu presa e incendiata. Dei tre gruppi il primo fondò Santa Vittoria di Matenano nelle Marche, il secondo fu trucidato a Rieti dai Saraceni e il terzo, che si era salvato a Roma, passato il pericolo tornò a Farfa sotto la guida di Ratfredo che, divenuto Abbate, nel 913 completò la chiesa. Fu però un fuoco di paglia, perduta la protezione imperiale si allentò l’unità territoriale. Alcune famiglie romane (Crescenzi-Ottaviani e Stefaniani) si insediarono in molti territori dell’Abbazia divenendone di fatto padroni, la decadenza fu tale che si ebbero all’interno dell’Abbazia contemporaneamente tre abbati in lotta tra loro.
Un tuffo nel passato, ma anche nella fede e nella meditazione. L’Abbazia di Farfa aspetta solo voi.